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Rapina Apple Store Amsterdam: richiesti 200 milioni in criptovaluta

L’uomo che ha fatto irruzione armata in un Apple Store di Amsterdam chiedeva 200 milioni in criptovalute e una via di fuga dal negozio.

Armato di pistola e fucile, un uomo si era introdotto nell’Apple Store di Leidseplein ad Amsterdam alle 18.00 di martedì 22 febbraio. E ora, grazie ad un commento ufficiale sulla vicenda, sappiamo anche perché: chiedeva il pagamento di 200 milioni di Euro in criptovalute.

“Nell’Apple Store di Leidseplein c’è una situazione che riguarda degli ostaggi,” spiegava la polizia in uno stringato comunicato diramato sui social in cui invitava le persone a evitare “immagini o stream dal vivo, per l’incolumità di quelli coinvolti e degli sforzi della polizia.”

Dopo 6 ore di terrore, gli ostaggi sono stati liberati uno a uno e la situazione è tornata presto alla normalità. “Il sospettato” ha dichiarato un portavoce della polizia locale, “è un residente di 27 anni che, contattato dalle autorità durante l’incidente, chiedeva 200 milioni di Euro in criptovalute e un lasciapassare dall’Apple Store presso la trafficata piazza Leidseplein. […] Il sospettato era in possesso di un’arma automatica e di una pistola e ha sparato almeno 4 colpi.”

In un commento ufficiale alla vicenda, Apple ha dichiarato:

Apple afferma che tutti gli impiegati e i clienti sono salvi “dopo questa terribile esperienza” […]. C’è ancora una investigazione in corso, ha aggiunto la società.

“Vogliamo ringraziare le forze dell’ordine locali per il loro lavoro eccezionale e per le investigazioni che ancora vanno avanti” recita la nota fornita da un portavoce Apple. “I nostri team e i clienti si sono subito messi in azione, e hanno mostrato incredibile forza per risolvere la cosa; e siamo davvero grati del supporto e della cura che hanno mostrato l’uno per l’altro in circostanze tanto difficili.”

Fonte: Melablog

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Apple, il primo visore arriva entro il 2022

La notizia del completamento della seconda fase di test dei prototipi di pre-produzione è arrivata ieri: oggi il report completo di DigiTimes sostiene che presto il primo visore Apple per la realtà aumentata entrerà nella terza fase di test: la produzione inizierà tra agosto e settembre con disponibilità prevista entro la fine del 2022.

Interessante rilevare che questo report è in contrasto con le indicazioni di Mark Gurman che nel mese di gennaio di quest’anno aveva indicato il possibile posticipo al 2023 a causa di problemi hardware e software, in particolare il surriscaldamento del dispositivo. Problemi che ora però sembrano risolti, visto che la catena di fornitura di Cupertino punta all’inizio produzione verso fine estate con disponibilità entro quest’anno.

Da tempo è noto che Apple sta lavorando a due diversi visori: il primo più simile ai visori visti finora ma con specifiche top, destinato a professionisti e applicazioni verticali di mercato con prezzo sostenuto, fino anche a 3.000 dollari. Il secondo invece più leggero, indicato anche come Apple Glasses, quindi più simile agli occhiali con prezzo più abbordabile e potenzialmente più indicato anche per gli utenti finali.

Stando alla tabella di marcia indicata dai costruttori segnalati da DigiTimes il primo visore Apple sarà disponibile entro la fine del 2022, mentre il secondo visore Apple potrebbe seguire a breve con disponibilità già a partire dal 2023. Vale la tradizionale avvertenza: DigiTimes è una fonte preziosa per le anticipazioni dalla catena di fornitura Apple, ma non sempre le tempistiche indicate si rivelano esatte.

Ricordiamo che a febbraio sono stati scoperti riferimenti al nuovo sistema operativo realityOS per visori e anche il supporto per visori in iOS 15.4 beta. Se la tabella di marcia fin qui descritta sarà confermata, Apple potrebbe decidere di presentare il suo primo visore già a giugno in occasione della conferenza mondiale degli sviluppatori WWDC 2022 per renderlo disponibile successivamente.

Per i possibili nomi del primo visore Apple rimandiamo a questo articolo di macitynet. Tutti gli articoli di macitynet che parlano di Apple, realtà aumentata e realtà virtuale sono disponibili ai rispettivi collegamenti.

Fonte: macitynet.it

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Apple Store, aumenti ai dipendenti per convincerli a restare

In un’epoca in cui tutto è cambiato, e soprattutto sono cambiate le priorità delle persone, Apple si è trovata in balìa di un’emorragia di dipendenti retail che l’hanno costretta a offrire aumenti di salario generalizzati a addetti vendita, Genius e lavoratori ad ore senior. Si vocifera di un rialzo compreso tra il 2 e il 10%.

Forse ne avrai sentito parlare. Si chiama “Great Resignation” (Grande Licenziamento) ed è il trend economico visto all’inizio del 2021, soprattutto negli USA, in cui un gran numero di persone decide di licenziarsi in massa, tra stagnazione dei salari, aumento dei costi, insoddisfazione lavorativa e preoccupazioni di natura sanitaria. In altre parole, la pandemia ha portato milioni di lavoratori a fare un bilancio delle condizioni lavorative, e a rivedere le proprie carriere e gli obiettivi a lungo termine.

Un cambiamento sociale che interessa tutti, Apple inclusa e i suoi canali retail a quanto pare.  Secondo Bloomberg, infatti, il gigante di Cupertino ha deciso di offrire un aumento compreso tra il 2 e il 10% allo staff statunitense, ma non tutto; qualcuno resterà escluso, il che probabilmente porterà a qualche altra defezione.

Gli aumenti, che diventeranno effettivi già a febbraio, sono da considerarsi un extra rispetto allo schema di anzianità e revisione che di solito viene fatto ad ottobre di ogni anno; è insomma un modo per fidelizzare i lavoratori, soprattutto dopo le lamentele che si sono registrate durante il periodo della pandemia, in particolar modo dai lavoratori a ore.

Questo intervento si aggiunge ad altri, messi in campo nei mesi scorsi, e che conferiranno più benefit al personale full time e part time; in particolare, si parla di un aumento dei giorni di malattia pagata (negli USA sono una gentile concessione del datore di lavoro, non un diritto) e di un aumento del numero dei giorni di ferie.

Fonte: Melablog

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Facebook e Instagram chiudono in Europa? Meta interviene per fare chiarezza

Un addio all’Europa improbabile quello di Facebook e Instagram, eppure nell’ultimo report di Meta alla SEC (Securities and Exchange Commission) viene descritto un rapporto con l’UE per nulla idilliaco e che potrebbe portare il colosso statunitense a decisioni drastiche.

All’interno del documento indirizzato all’autorità americana garante del mercato Meta Inc. scrive che, in assenza di un accordo per il trasferimento transatlantico dei dati degli utenti, «non sarà più in grado di offrire in Europa alcuni dei prodotti e dei servizi più importanti, tra cui Facebook e Instagram».

L’intoppo sta proprio nell’impossibilità del gigante dei social network di trasferire ai server americani le informazioni sugli utenti con in sede nel vecchio continente. Un ostacolo che influisce negativamente sulle operazioni di marketing e non solo di Meta.

Ma possono Mark Zuckerberg & co. rinunciare così facilmente a circa 310 milioni di utenti che quotidianamente nel Q4 2021 hanno utilizzato Facebook? La risposta è scontata ed è ovviamente “no”, soprattutto se si pensa che il mercato cinese non si può fare affidamento e che in India la questione social è a dir poco pericolante (TikTok è stato messo al bando).

Dopo il terremoto mediatico, ha provato a mettere un po’ d’ordine la stessa azienda di Menlo Park.

Il comunicato sopra riportato ha il sapore di una smentita, più o meno. Resta in ogni caso il problema del trasferimento dei dati, ma già nel corso del 2022 Meta e l’Europa potrebbero trovare un accordo accettabile per entrambe le parti.

Fonte: Melablog

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Amazon aumenta il prezzo dell’abbonamento Prime in USA

Amazon Prime costa di più: negli Stati Uniti la società sta aumentando il prezzo dell’abbonamento annuale, che si fissa 139 dollari, quindi di 20 dollari in più rispetto ai 119 dollari dei precedenti contratti. I clienti che vogliono quindi rinnovare l’abbonamento dovranno accettare il rincaro di oltre un dollaro e mezzo al mese necessari, spiega il colosso dell’e-commerce per affrontare l’aumento dei costi nel paese, che va dalle spedizioni alla manodopera, passando per la costruzione.

Questo cambiamento entrerà in vigore il 18 febbraio per chi non si è ancora abbonato e a partire dal 25 marzo per chi invece dovrà rinnovare l’abbonamento dopo tale data. Di conseguenza è stato adeguato a questa linea anche il prezzo dell’abbonamento Amazon Prime mensile, che pessa da 12,99 a 14,99 dollari.

Amazon ha giustificato il rincaro parlando più genericamente di «continua espansione dei vantaggi per i membri Prime, nonché l’aumento dei salari e dei costi di trasporto», ma per il momento pare riguardi soltanto gli USA. In una telefonata con gli investitori l’azienda ha infatti spiegato che ogni anno esamina i prezzi degli altri paesi, perciò non è detto che ciò non avverrà in futuro, ma per il momento l’Italia (così come gli altri) è salva.

Nel frattempo questo aumento dei costi ha portato una netta diminuzione del reddito operativo di Amazon, che è passato da 6,9 miliardi di dollari del 2020 a 3,5 miliardi di dollari nel 2021. E dal comunicato sugli utili dell’azienda pubblicato nelle scorse ore si legge anche che è il secondo trimestre consecutivo in calo per Amazon, a fronte di una costante crescita del fatturato, dei servizi cloud e in tutti gli altri comparti.

Fonte: macitynet.it

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