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Apple, crisi di chip e componenti in corso di risoluzione

La penuria di chip e componenti elettronici che affliggeva la produzione mondiale è in corso di risoluzione. E per Apple è una buona notizia.

Si inizia a vedere luce in fondo al tunnel. La penuria di chip e componenti elettronici che affliggeva l’intera industria mondiale high-tech si avvia verso una risoluzione. Ed è una buona notizia per Apple, per i suoi partner e in ultima analisi per gli utenti.

Foxconn, il più grande assemblatore di iPhone al mondo, e uno dei principali fornitori di Cupertino, ha annunciato che le difficoltà di approvvigionamento della componentistica iniziano ad allentare la morsa.

Durante i primi due mesi dell’anno, riporta Bloomberg, si sono registrati “miglioramenti importanti” nella disponibilità dei componenti, e ci si aspetta che “le difficoltà complessive nelle forniture” raggiungano un punto di equilibrio verso la seconda metà dell’anno.

Il problema infatti è che, come tanti altri colossi dell’informatica, anche Apple dipende direttamente dai produttori di chip come TSMC; anche per i chip sviluppati internamente come l’M1. Tra i più colpiti dalla pandemia, tuttavia, ci sono stati sicuramente i produttori di display e di chip di gestione del video, il che ha costituito un collo di bottiglia a catena per Foxconn (che non poteva raggiungere i livelli produttivi concordati per mancanza di componenti), per Apple (che non ha potuto soddisfare la domanda, il che le è costato 6 miliardi di dollari in mancate vendite) e per gli utenti (che devono attendere anche oltre un mese per ricevere il Mac o l’iPhone ordinati).

E ad Apple tutto sommato è andata anche bene, perché ha una potenza d’acquisto tale da guadagnarsi la priorità assoluta sulle altre commesse; ma per i piccoli produttori è stato un disastro. Secondo TSMC, è ragionevole supporre che la crisi durerà almeno fino alla fine del 2022; poi finalmente si dovrebbe tornare alla normalità.

Fonte: Melablog

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Facebook e Instagram chiudono in Europa? Meta interviene per fare chiarezza

Un addio all’Europa improbabile quello di Facebook e Instagram, eppure nell’ultimo report di Meta alla SEC (Securities and Exchange Commission) viene descritto un rapporto con l’UE per nulla idilliaco e che potrebbe portare il colosso statunitense a decisioni drastiche.

All’interno del documento indirizzato all’autorità americana garante del mercato Meta Inc. scrive che, in assenza di un accordo per il trasferimento transatlantico dei dati degli utenti, «non sarà più in grado di offrire in Europa alcuni dei prodotti e dei servizi più importanti, tra cui Facebook e Instagram».

L’intoppo sta proprio nell’impossibilità del gigante dei social network di trasferire ai server americani le informazioni sugli utenti con in sede nel vecchio continente. Un ostacolo che influisce negativamente sulle operazioni di marketing e non solo di Meta.

Ma possono Mark Zuckerberg & co. rinunciare così facilmente a circa 310 milioni di utenti che quotidianamente nel Q4 2021 hanno utilizzato Facebook? La risposta è scontata ed è ovviamente “no”, soprattutto se si pensa che il mercato cinese non si può fare affidamento e che in India la questione social è a dir poco pericolante (TikTok è stato messo al bando).

Dopo il terremoto mediatico, ha provato a mettere un po’ d’ordine la stessa azienda di Menlo Park.

Il comunicato sopra riportato ha il sapore di una smentita, più o meno. Resta in ogni caso il problema del trasferimento dei dati, ma già nel corso del 2022 Meta e l’Europa potrebbero trovare un accordo accettabile per entrambe le parti.

Fonte: Melablog

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Amazon aumenta il prezzo dell’abbonamento Prime in USA

Amazon Prime costa di più: negli Stati Uniti la società sta aumentando il prezzo dell’abbonamento annuale, che si fissa 139 dollari, quindi di 20 dollari in più rispetto ai 119 dollari dei precedenti contratti. I clienti che vogliono quindi rinnovare l’abbonamento dovranno accettare il rincaro di oltre un dollaro e mezzo al mese necessari, spiega il colosso dell’e-commerce per affrontare l’aumento dei costi nel paese, che va dalle spedizioni alla manodopera, passando per la costruzione.

Questo cambiamento entrerà in vigore il 18 febbraio per chi non si è ancora abbonato e a partire dal 25 marzo per chi invece dovrà rinnovare l’abbonamento dopo tale data. Di conseguenza è stato adeguato a questa linea anche il prezzo dell’abbonamento Amazon Prime mensile, che pessa da 12,99 a 14,99 dollari.

Amazon ha giustificato il rincaro parlando più genericamente di «continua espansione dei vantaggi per i membri Prime, nonché l’aumento dei salari e dei costi di trasporto», ma per il momento pare riguardi soltanto gli USA. In una telefonata con gli investitori l’azienda ha infatti spiegato che ogni anno esamina i prezzi degli altri paesi, perciò non è detto che ciò non avverrà in futuro, ma per il momento l’Italia (così come gli altri) è salva.

Nel frattempo questo aumento dei costi ha portato una netta diminuzione del reddito operativo di Amazon, che è passato da 6,9 miliardi di dollari del 2020 a 3,5 miliardi di dollari nel 2021. E dal comunicato sugli utili dell’azienda pubblicato nelle scorse ore si legge anche che è il secondo trimestre consecutivo in calo per Amazon, a fronte di una costante crescita del fatturato, dei servizi cloud e in tutti gli altri comparti.

Fonte: macitynet.it

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Gmail tutto nuovo cambia grafica e integrazione

Google ha annunciato il nuovo layout di Gmail, che oltre a presentare modifiche grafiche cambia il modo in cui Google Chat, Meet e Spaces saranno integrati. La nuova interfaccia, che mostriamo già nelle immagini che seguono, sarà disponibile a partire da febbraio come prova, per poi diventare predefinita entro aprile. Sarà l’unica disponibile per tutti gli utenti entro la fine del secondo trimestre del 2022.

La nuova visuale di Gmail rende così centrali anche gli altri strumenti di messaggistica di Google, che fanno parte della sua suite Workspace dedicata al business: questi strumenti saranno accessibili attraverso grandi pulsanti presenti sul lato sinistro.

Google ha dimostrato di voler integrare profondamente tutti i suoi prodotti legati al lavoro insieme, e questo layout dà un assaggio della visione dell’azienda di come integrare i propri strumenti per il business.

Google afferma che questa nuova visualizzazione integrata dei propri strumenti arriverà alle persone con un account Google Workspace Business Starter, Business Standard, Business Plus, Enterprise Essentials, Enterprise Standard, Enterprise Plus, Education Fundamentals, Education Plus, Frontline, Non profit, G Suite Basic o Business. Al momento sembra non sarà disponibile per i clienti di Workspace Essentials e neppure per i clienti Gmail standard e gratuiti.

Fonte: macitynet.it

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Apple contro il film “Apple-man”, deve cambiare titolo

A Apple non piace il titolo “Apple-Man” scelto dal regista indipendente Vasyl Moskalenko per una commedia sulla quale sta lavorando, e la Casa di Cupertino si oppone alla domanda di registrazione del marchio in questione.

Lo riferisce il sito iPhone in Canada, spiegando che Apple ha presentato ricorso e avviato un procedimento giudiziario contro il film che è in fase di post-produzione. Il regista di Apple-man riferisce che il titolo del film è stato già approvato dall’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti (PTO) ma Apple sta cercando di annullare la registrazione, “opponendosi energicamente” alla scelta del Patent and Trademark Office.

Apple ha avviato una procedura giudiziaria contro Moskalenko, preoccupata dal fatto che i consumatori potrebbero associare il titolo Apple-man con Apple, ritenendo che sia in qualche modo da loro “approvato, sostenuto, proposto”, spiega l’azienda nelle 467 pagine presentate in tribunale.

“Il mio film parla di mele, i frutti”, spiega Moskalenko, evidenziando che il suo film non fa mai riferimento o parla di Apple, l’azienda, o qualsiasi prodotto di quest’ultima e che sarà costretto a spendere per il contenzioso tutti i fondi ottenuti su Kickstarter (sito per il finanziamento collettivo di progetti creativi).

“Se la registrazione del mio marchio sarà negata”, ha spiegato il regista al sito iPhone in Canada, “non vi sono garanzie che Apple non chiederà la cancellazione del film dopo la sua uscita”.

Il regista parla di “bullismo da trademark”, sperando che la situazione “sia solo un malinteso”. “Sono aperto ai negoziati, sperando di poter risolvere la disputa”, conclude il regista ucraino.

Non è la prima volta che Apple si oppone all’uso di marchi che richiamano in qualche modo il suo nome; nel 2020, ad esempio, Apple aveva attivato i suoi legali contro Prepear, un piccolo sviluppatore che aveva creato un’app con un logo a forma di pera con una foglia che in qualche modo poteva ricordare il logo della Mela. La queatione con Prepear si era conclusa con un accordo.

Fonte: macitynet.it

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