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Antitrust giapponese in allerta su App Store

Intensificheremo i controlli sulle pratiche dell’App Store”. E’ quanto ha dichiarato l’antitrust giapponese, la cui attenzione in merito sarebbe stata attirata dalla recente battaglia legale tra Apple ed Epic Games, complice di aver aggirato il regolamento del negozio per evitare di dover versare una commissione sulle transazioni che avvengono attraverso la piattaforma. Sebbene la Japan Fair Trade Commission non abbia ufficialmente avviato un’indagine per mettere al setaccio le linee guida dell’App Store, secondo quanto riferisce Bloomberg presterà maggiore attenzione agli affari di Apple, anche se non è chiaro attraverso quali processi sarà in grado di supervisionarne l’operato.

Oltre alle pressioni del governo, una manciata di sviluppatori di videogiochi nel paese si è pronunciato contro le modalità di gestione dell’App Store, anche se questo piccolo movimento che si sarebbe creato sembrerebbe riguardare più la comunicazione e le relazioni con gli sviluppatori piuttosto che il pedaggio che sono costretti a pagare. «La revisione delle applicazioni spesso è ambigua, soggettiva e irrazionale.

La risposta che Apple dà agli sviluppatori è altrettanto spesso brusca e standard. E nonostante ciò bisogna essere sempre educati, come un servo che chiede al padrone di cos’altro ha bisogno» ha dichiarato Makoto Shoji, fondatore di PrimeTheory, una società che commercializza un servizio chiamato iOS Reject Rescue che ha lo scopo di aiutare gli sviluppatori a districarsi con successo all’interno del processo di approvazione dell’App Store.

Il Giappone ospita alcuni dei più grandi nomi dell’industria dei videogiochi tra cui Square Enix, Bandai Namco e Sony. Ad esempio il 40% delle entrate di Square Enix, nota per la serie Final Fantasy, passa proprio attraverso la vendita delle applicazioni per smartphone. Più che in altri, in questo paese gli sviluppatori sono abituati al fatto che Apple trattiene una commissione pari al 30% poiché Nintendo, negli anni ’80, faceva qualcosa di simile. La maggior parte di loro non sono infastiditi dalla commissione ma punta piuttosto ad avere un servizio migliore da un’azienda del calibro di Apple.

Secondo alcuni di loro le procedure dell’App Store sono oscure e problematiche, soprattutto se messe a confronto con quelle del Play Store di Google. Qui – dicono – il processo di approvazione è più “fluido” e si riesce ad avere una comunicazione migliore, quando serve. Alcuni lamentano le settimane di attesa per la revisione, un ritardo che può costare caro soprattutto alle applicazioni che promuovono eventi stagionali. «Anche se Apple non lo ammetterà mai, penso che ci siano momenti in cui semplicemente dimenticano un elemento che hanno in coda e lo tengono volutamente bloccato come una sorta di sanzione a chi ha un atteggiamento che ritengono sbagliato» conclude Shoji.

Dall’altra parte c’è invece Apple che dice di lavorare costantemente per fornire un supporto di alta qualità alla comunità di sviluppatori giapponese attraverso circa 1.400 consulenti e dipendenti del servizio clienti che risiedono nel paese. Inoltre, il team di revisione delle applicazioni lavora su due fusi orari diversi, e i rappresentanti che parlano la lingua giapponese sono sempre disponibili telefonicamente.

Per quanto riguarda la commissione al 30%, oltre ad Epic Games e gli altri che si sono uniti alla causa, da pochi giorni anche la Russia ha dichiarato di volerla quantomeno ridurre.

Fonte: Macitynet.it

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Trump vuole un database con DNA

L’amministrazione Trump mira ad espandere notevolmente la raccolta di dati biometrici dagli immigrati, suscitando i timori di quanti fanno notare che gruppi già di per sé emarginati subiranno una sorveglianza permanente e ancora più profonda.

Stando a quanto riferisce il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, il progetto prevede autorizzazioni che permetteranno di ottenere dati biometrici “che vanno al di là del controllo di precedenti, la verifica dell’identità, la redazione di documenti sicuri e la loro gestione”.

I servizi di immigrazione USA raccolgono già impronte digitali, fotografie e firme di persone che hanno più di 14 anni per talune prestazioni in materia di immigrazione, ma in base alle nuove regole potranno catalogare dati relativi alla scansione dell’iride, all’impronta vocale, impronte dei palmi delle mani e foto per il riconoscimento facciale. Il Dipartimento di Sicurezza Nazionale potrà inoltre catalogare dati relativi al DNA per “verificare affermazioni su relazioni genetiche tra adulti e minori sotto la custodia del dipartimento”.

Da quanto riportato in una bozza della proposta dell’atto legislativo ottenuta da BuzzFeed News, si evince che il governo USA autorizzerà l’accesso a questi dati in qualunque momento per qualsiasi persona prima che abbia ottenuto la cittadinanza, indipendentemente dalla sua età, garantendo qualunque tipo di esame e anche dai cosiddetti “sponsor” fondamentali in alcuni casi per ottenere il visto.

Il sistema permetterebbe di “creare un database biometrico permanente dei candidati all’immigrazione (minori inclusi) e sui cittadini statunitensi sponsor”, fa notare Calli Shroeder, avvocato che si occupa di privacy. “Vi è un enorme potenziale pericoloso praticamente senza alcun beneficio”.

Andrea Flores, vicedirettore responsabile della politica di immigrazione per l’American Civil Liberties Union, riferisce che la proposta cambierebbe radicalmente il sistema dell’immigrazione statunitense. “I dati raccolti in un enorme database con le impronte genetiche non comporterà una maggiore sicurezza, permetterà semplicemente al governo di semplificare i meccanismi di sorveglianza, prendere di mira le nostre comunità e avvicinarci a quello che si prospetta come un incubo distopico”. E ancora: “L’obiettivo di Trump è chiaro: bloccare il sistema di immigrazione legale e rendere l’immigrazione la più complessa possibile. Il Congresso glielo permetterà?”.

Fonte: Macitynet.it

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Nuovo malware per Mac supera l’autenticazione di Apple

Apple ha inavvertitamente dato l’accesso ai Mac ad alcuni malware che riescono così a superare il processo di autenticazione. Un errore, secondo il ricercatore di sicurezza Patrick Wardle, che consentirebbe l’installazione di software fraudolenti compromettendo la sicurezza dei computer. Prevenire la diffusione di questi malware è esattamente il motivo per cui Apple chiede che le applicazioni installate su Mac vengano autenticate, perciò non è chiaro come ciò possa essere accaduto.

Prima che vengano eseguite su macOS Catalina, il sistema chiede all’utente se è sicuro di voler avviare l’applicazione. Accade quando queste sono state scaricate da fonti alternative al Mac App Store ed è appositamente pensato per proteggere il computer quando non si è certi della provenienza del software. In questi casi compare una notifica con due sole opzioni disponibili: spostare nel cestino oppure annullare l’operazione.

Secondo quanto spiega Wardle, un utente ha accidentalmente visitato il sito homebrew.sh anziché brew.sh (sito dell’apprezzatissimo sistema di gestione dei pacchetti che semplifica l’installazione su OS X del software open source di derivazione Unix/Linux). Il primo, chiaramente falso, mostrava un avviso ingannevole in cui si diceva che Adobe Flash non era aggiornato: un sistema molto comune con cui si porta gli utenti a installare potenziali malware sulle proprie macchine. Il problema di verifica proprio a questo punto perché il sistema di autenticazione progettato da Apple non ha funzionato, autorizzando l’installazione di OSX.Shlayer, un malware normalmente diffuso tramite torrent e in circolazione da quasi un anno.

Fonte: Macitynet.it

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La vendita di TikTok in USA potrebbe saltare per una nuova legge cinese

Arriva dal Paese del Dragone il nuovo colpo di scena nella guerra commerciale tra USA e Cina che ha investito in pieno il social per condividere video brevi: infatti la vendita di TikTok in USA potrebbe saltare a causa di una nuova legge emessa dalla Cina per controllare e limitare l’esportazione di tecnologie considerate fondamentali.

Questa legge è in lavorazione da due anni e non contiene riferimenti diretti a TikTok, in ogni caso contenuti e tempistiche sembrano fatti su misura per complicare ulteriormente la diatriba in corso tra le due superpotenze. D’ora in poi infatti le società cinesi che si occupano di intelligenza artificiale e di altre tecnologie devono richiedere il permesso al governo per effettuare esportazioni all’estero, così come stabiliscono le nuove regole nella lista aggiornata presentata dal ministero del Commercio e dal ministero della Scienza e della Tecnologia cinesi.

In particolare sono due gli articoli che potrebbero interessare la vendita di TikTok in USA, operazione imposta da Donald Trump entro il 15 settembre, pena la cessazione completa della piattaforma negli Stati Uniti. Lo sviluppatore ByteDance potrebbe essere obbligato a richiedere al governo cinese un permesso per procedere per l’articolo 18 che riguarda l’intelligenza artificiale e anche il riconoscimento vocale, oltre all’articolo 21 che tratta invece di analisi dei dati e consigli sui contenuti.

«ByteDance ha una serie di tecnologie all’avanguardia nell’intelligenza artificiale e in altri campi, e alcune tecnologie potrebbero essere incluse nell’elenco modificato» dichiara Cui Fan, professore di commercio internazionale presso l’università di Pechino. È dello stesso parere un altro docente, Alex Capri, senior fellow presso la National University di Singapore, riportato dal South China Morning Post «C’è una seria preoccupazione da parte cinese se le aziende americane acquisissero interessi, sistemi e modelli di business cinesi, in qualche modo avrebbero accesso a tecnologie che vedono come rivoluzionarie. O forse lo vedono come una garanzia di accesso forense degli agenti occidentali alla tecnologia cinese».

Fonte: Macitynet.it

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Il presidente antitrust «Il comportamento di Apple è profondamente inquietante»

Il comportamento di Apple è profondamente inquietante. A dirlo è David Cicilline, presidente del comitato antitrust americano, in un’intervista in cui accusa anche Amazon, Facebook e Google di anti-concorrenzialità. «Il congresso deve agire» spiega al giornalista di Bloomberg «Queste aziende abusano del proprio potere per mantenere il predominio sul mercato schiacciando i concorrenti, escludendo le persone dalla propria piattaforma e guadagnando una rendita sul proprio monopolio».

Parole dure che emergono in merito alla battaglia legale intrapresa a inizio mese da Epic Games nei confronti di Apple, accusata perché chiede una commissione pari al 30% su tutti gli incassi che gli sviluppatori fanno tramite le proprie applicazioni distribuite su App Store. C’è un’indagine antitrust in corso – spiega Cicilline – che porterà a delle modifiche sulle attuali leggi antitrust. «E’ in fase conclusiva un’indagine durata un anno in cui Amazon, Facebook e Google vengono indagati sulle proprie attività». Nel mezzo c’è anche Apple, che deve rispondere alle proprie politiche dell’App Store, che comprende non solo la commissione al 30% sulle transazioni in-app ma anche il processo di revisione delle applicazioni e la privacy dei consumatori.

Per il momento il presidente del comitato antitrust americano non ha detto di più, sbilanciandosi soltanto su alcune delle potenziali soluzioni che il Congresso potrebbe adottare per porre rimedio a questo presunto comportamento anti-concorrenziale. Una di queste – spiega – potrebbe essere una legge simile al Glass-Steagall Act, quella con cui nel 1933 vennero introdotte diverse riforme per controllare la speculazione finanziaria. Una misura fu quella di istituire la Federal Deposit Insurance Corporation con lo scopo di garantire i depositi e prevenire eventuali corse allo sportello e ridurre il rischio di panici bancari, mentre una seconda misura prevedeva l’introduzione di una netta separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento. In questo modo, le due attività non poterono più essere esercitate dallo stesso intermediario, realizzandosi così la separazione tra banche commerciali e banche di investimento.

Se applicata in questo settore, una clausola di questo genere impedirebbe ad un’azienda come Apple di competere sulla piattaforma che gestisce. «E’ una grande idea» ha spiegato Cicilline «Perché ci permetterebbe di mettere mano a quella che attualmente è una situazione carica di conflitti e che penso sia mettendo luce ad un enorme dominio sul mercato e a comportamenti di bullismo come quelli che esercita Amazon, per dire». Resta difficile comunque dire oggi in che misura, una legge di questo tipo, condizionerebbe la gestione della piattaforma iOS da parte di Apple. Potrebbe probabilmente costringere la società a modificare le attuali restrizioni dell’App Store che vietano, ad esempio, l’ingresso di negozi di applicazioni di terze parti.

Fonte: Macitynet.it

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